Giornate del FAI al cimitero ebraico di Finale Emilia
Finale Emilia è una cittadina di provincia che custodisce molti tesori artistici e luoghi meritevoli di una visita. Tra questi spicca il cimitero ebraico, uno dei più antichi della regione Emilia - Romagna. È un luogo suggestivo e poco lontano dal centro cittadino, un’isola di pace in cui andare alla scoperta delle storie dei membri dell’antica Comunità Ebraica del Finale.

Sono oltre quattrocento gli anni di storia raccontati dalle cinquantasette lapidi rimaste in piedi fino ad oggi. L’Horto degli Hebrei (come era chiamato anticamente) conserva sottoterra i corpi di quasi tutta la comunità – circa mille persone - che ha vissuto a Finale Emilia dal 1541 sino alla seconda metà del Novecento. Vi si entra attraverso un cancello in ferro battuto, originario dell’inizio del ‘900, recante sulla sua sommità la Stella di Davide, all’interno della quale è incisa la parola Shalom. All’interno, la disposizione delle lapidi, tutte orientate in direzione sud-est, verso Gerusalemme, divide idealmente lo spazio in due parti: a ovest le ventidue sepolture più antiche, caratterizzate da iscrizioni in ebraico; a est quelle più recenti (trentacinque in totale), con iscrizioni in italiano oppure bilingui, cioè in italiano e in ebraico.

Al centro si trova la lapide del fondatore del cimitero, il banchiere Donato Donati, che nell’anno 1600 ottenne dal duca Cesare d’Este la licenza di seppellire i morti ebrei in un terreno da lui acquistato. Alcune personalità illustri sono legate da vincoli di parentela a questo luogo, anche se non vi sono sepolti fisicamente: il generale Rubino Ventura, che nell’Ottocento ebbe fortuna nel regno di Lahore, il noto librettista Clemente Coen, il giornalista Arrigo Levi, discendente diretto di Donato Donati.

Nel 1987, dopo anni di abbandono durante i quali la vegetazione era cresciuta senza controllo e il cimitero era diventato una discarica abusiva, i volontari del Gruppo Culturale R 6J6, sostenuti dal patrocinio di Rita Levi-Montalcini e dall’Amministrazione Comunale dell’epoca, restituirono dignità al luogo sacro e lo resero accessibile ai visitatori.

Grazie a un importante restauro conservativo realizzato nel 2015 e promosso dall’Associazione ALMA FINALIS APS, le lapidi hanno recuperato il loro colore originario; le epigrafi, finalmente visibili, raccontano le storie di chi giace sottoterra mediante componimenti poetici e versetti estratti dalla Bibbia. Sulle stele si trovano incisi vari simboli della religione ebraica (la palma, i grappoli d’uva, le stelle a cinque, sei e persino otto punte). La varietà di forme delle lapidi è sorprendente; lapidi a due o tre arcate, sarcofagi riccamente decorati, un cippo sormontato da una corona che ricorda quella sopra al rotolo della Torah: ci si trova di fronte a un lapidario variegato e ricco di spunti di riflessione storico-artistica.

Cinque targhe appese agli alberi ricordano le vittime finalesi delle leggi razziali e della Shoah, ma anche due Giusti tra le Nazioni che hanno salvato degli ebrei a Nonantola e al Finale (don Arrigo Beccari e don Benedetto Richeldi).

Il cimitero è di proprietà della Comunità Ebraica di Modena e Reggio Emilia. Attualmente non viene più utilizzato per sepolture, ma è possibile visitarlo nei giorni festivi e ogni domenica, da marzo a novembre (è chiuso il sabato, in osservanza dello Shabbat). Le visite guidate vengono effettuate in occasione del Giorno della Memoria e della Giornata della Cultura Ebraica, oppure su prenotazione ad ALMA FINALIS, tel. 0535 92341.